Nell’ottobre 2009 a Roma scadeva il bando per la realizzazione del marchio territoriale della città di Roma. Bando discutibile, logo vincitore discutibile, molti punti oscuri tante proteste, un bel pasticciaccio. Poi tutto tace.
Il marchio non si vede, le proteste cadono nel silenzio. In questi giorni, si torna a parlare di quel pasticciaccio. Ne parla Bruno Ballardini sul Fatto Quotidiano e poi ne parla ADCI ripetutamente, insistentemente. Troppo. Perché lamentarsi se in realtà tutto fa pensare che sia giusto protestare contro quel bando? Me lo sono chiesto tante volte, io concordo con l’ADCI, concordo anche con Bruno Ballardini . E’ proprio un pasticciaccio e come nel romanzo di Gadda tutti indagano tutti cercano ma alla fine non c’è soluzione. Il colpevole non viene fuori.
Forse è questo che mi fa pensare. Perché ora, perché cavalcare l’onda di indignazione collettiva e definirsi al tempo stesso come nel caso dell’Art Director Club Italia, associazione che persegue nei fatti una visione etica della comunicazione. Vorrei che quel pasticciaccio non si ripetesse mai più. Vorrei che nessuno definisse una colorata interpretazione della realtà il mio lavoro. Vorrei che in questa brutta storia si capisse che non è importante la bellezza o meno del marchio ma la bruttezza di un bando fatto per giullari più che per professionisti. E allora perseguite non cavalcate, cari pubblicitari senior.